Il Prosecco è probabilmente il vino bianco maggiormente conosciuto al mondo tanto da indurre l’ex ministro dell’agricoltura, Luca Zaia, trevigiano purosangue, a rivoluzionarne con un colpo di mano un paio d’anni orsono il disciplinare, facendo scomparire la possibilità di imbottigliarlo come IGT, trasformandone la produzione a partire dalla vendemmia 2009 in DOC o DOCG, e ribattezzandone la varietà da cui deriva.
Il procedimento tecnico per ottenere questo derivato è lungo ed assai laborioso, con un passaggio in più rispetto alle grappe ottenute da vitigni a bacca rossa. Innanzitutto, le preziose vinacce ancora grondanti di Glera, la varietà utilizzata per produrre le ben note bollicine, una volta separate dal mosto fiore di sgrondo, vengono sottoposte a fermentazione tramite lieviti selezionati, in modo da trasformarne gli zuccheri residui, ancora imprigionati nelle bucce fresche, in alcool.
Si passa poi alla vera e propria distillazione secondo l’antico metodo tradizionale delle caldaiette di rame a vapore, penalizzato dalle rese estremamente ridotte di lavorazione ma eccezionale per quanto riguarda l’alta qualità dei prodotti che se ne ottengono, se “guidato” dalla mano esperta del mastro distillatore che ne conosca i segreti e li sappia interpretare e volgere a proprio vantaggio.
Infine la terza fase che trasformerà il prodotto nel risultato finale che troviamo in bottiglia ovvero un riposo del distillato puro in carati di rovere per più dei 18 mesi richiesti per poter fregiare il prodotto finale con la menzione Riserva: durante questo lungo sonno si arricchisce di un bel colore ambrato e di sentori sia olfattivi che organolettici che aggiungono alle sensazioni floreali d’origine quelle più complesse di frutti a polpa bianca ed ovviamente sentori dolci del legno andando così a regalare complessità ed eleganza al bouquet.